La chute des Anges, 1929

Alberto Savinio (Atene 1891 – Roma 1952)
La chute des Anges
olio su tela
1929
cm 115,5 X 88,5

Fonte diretta d’ispirazione è stata l’Apocalisse di Giovanni: la caduta è idealmente assimilata a un naufragio, la piattaforma-zattera, l’albero delle sartie abbandonate al vento; nonché le forme molto simili ai rocchi e frammenti di pilastri o colonne che appesantiscono la caduta degli angeli, alludendo probabilmente al crollo degli edifici dannati di Babilonia. Lo spunto si traduce, nella fantasia del pittore, non in drammatico catastrofismo ma in favola, in evocazione dove l’immaginario assume il ruolo di protagonista.

Alberto Savinio, pseudonimo assunto nel 1914 da Andrea Francesco Alberto de Chirico (fratello dell’illustre Giorgio), è stato uno scrittore, pittore, drammaturgo e compositore italiano, appartenente al gruppo di artisti italiani conosciuti come Les Italiens de Paris, che, assieme a Campigli, de Pisis e de Chirico, tra il 1928 e il 1933 nella capitale francese puntarono a rilanciare lo stile plastico e disegnativo della grande arte italiana rinascimentale.

Studiò pianoforte e composizione al conservatorio della sua città natale, dove si diplomò a pieni voti nel 1903.

Alla morte del padre, nel 1905, la famiglia, dopo brevi soggiorni a Venezia e Milano, si trasferì a Monaco di Baviera, dove giunse probabilmente alla fine del 1906. A causa dell’insuccesso delle sue composizioni, si trasferì nel 1911 a Parigi, dove fece la conoscenza di molti esponenti delle avanguardie artistiche come Pablo Picasso.

Nel 1915 tornò in Italia insieme al fratello Giorgio. Soggiornarono a Firenze, dove avevano già un contatto con il circolo artistico di Filippo de Pisis e Carlo Carrà.

Dopo la fine della prima guerra mondiale fu trasferito a Milano e dal 1923 si stabilì a Roma, dove già aveva pubblicato testi teoretici e narrativi, soprattutto in riviste come «Valori plastici» e «La Ronda». Nel 1924 fu tra i fondatori della Compagnia del Teatro dell’Arte, diretta da Luigi Pirandello.

Alla fine del 1933, dopo diversi viaggi a Firenze, Torino (dove collaborò con il quotidiano «La Stampa» con la rubrica “Torre di guardia”) e Milano, si stabilì definitivamente a Roma. Nella capitale collaborò fra l’altro al settimanale «Omnibus» di Leo Longanesi.

A partire dal 1941 si avvicinò a Valentino Bompiani, suo editore di riferimento.

Europeista convinto, alla fine del conflitto proseguì l’attività di critico culturale sulle colonne del «Corriere della Sera», ottenendo il Premio Saint-Vincent per il giornalismo nel 1949. Lavorò anche come drammaturgo e regista, scrivendo egli stesso opere e drammi per il teatro, curando talvolta anche scenografie e costumi.