Cavallo e cane, 1940

Carlo Carrà (Quargnento 1881 – Milano 1966)
Cavallo e cane
olio su tela
1940
cm 75 x 95

Il cavallo e il cagnolino rimangono bloccati in una poetica di plastica purezza, che rimanda alla purezza d’animo dell’infanzia, a guisa di giocattoli maneggiati da un fanciullo. Lo spazio è costruito in maniera semplicistica attraverso quattro piani costituiti dalla spiaggia, il mare, il cielo e il muretto.

Carlo Carrà fu una delle personalità in cui meglio si rispecchiò l’arte italiana del primo Novecento. Il pittore aderì prima al Futurismo e poi alla Metafisica senza mai identificarsi in maniera definitiva in nessun movimento. Altrettanto fondamentali per lo sviluppo del suo linguaggio artistico furono gli studi sui maestri toscani, come Giotto e Paolo Uccello.

Ancora giovane si trasferì a Milano dove poté visitare i musei e arricchire le sue conoscenze artistiche. Importanti furono i molti viaggi che fece a Parigi, al tempo capitale dell’arte, in cui poté stringere rapporti con i cubisti e l’ambiente intellettuale parigino.

Non solo pittore ma anche critico d’arte, Carrà collaborò con varie riviste, tra le quali «Lacerba», «L’Ambrosiano» e«Valori Plastici».

A partire dalla metà degli anni venti sviluppò un particolare interesse per il paesaggio toscano: introdusse il motivo delle spiagge, dei capanni a mare, dei bagnanti. Negli anni trenta alterna alla pittura da cavalletto grandi composizioni e pitture murali.

Dal 1939 al 1951, Carrà fu anche professore presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.

Singolare fu la sua capacità di interpretare e riassumere i motivi e temi principali dei movimenti a cui partecipò. L’artista dimostrò subito una certa intuizione verso le ricerche artistiche più all’avanguardia e moderne del primo Novecento, senza per questo rinunciare a un’espressione artistica che fosse personale e originale.