A spasso per Roma. Vagabondaggio primo.

16 Giugno 2023

Approfondimenti Archivio Storico Ina Assitalia

Uno dei fondi documentali più importanti dell’Archivio Storico INA Assitalia è certamente il Fondo storico immobiliare (già archivio generale immobiliare) le cui carte riguardano il grande patrimonio immobiliare dell’ex Istituto Nazionale delle Assicurazioni e delle sue collegate.

Non solo, tuttavia. Una delle serie meno conosciute ed esplorate è relativa all’attività peritale svolta negli anni venti, trenta e quaranta, dapprima dall’Istituto Nazionale Immobiliare (INI), dal 1924 al 1934, e successivamente dai servizi tecnici interni all’INA, per la valutazione delle offerte immobiliari e per la concessione di mutui agli impiegati dell’INA e a terzi. Pur se inerenti a tutta la penisola il nucleo principale e più numeroso dei fascicoli si riferisce a Roma, costituendone un piccolo ma prezioso archivio di documenti, informazioni e notizie.

Il fulcro è la perizia, la stima, la relazione peritale: soprattutto quelle redatte durante l’attività dell’INI sono particolarmente doviziose di informazioni; dattiloscritte in libertà, prima di computare il valore dell’immobile o dell’appartamento si soffermano a descrivere l’edificio nelle sue caratteristiche generali: data di costruzione, impresa o cooperativa realizzatrice, stato generale, scelta dei materiali, pregi e difetti. Con la liquidazione dell’INI e l’internalizzazione dei servizi tecnici nella Direzione dei Servizi Immobiliari (DSI) dell’INA, le perizie perdono questa ricchezza informativa e tendono a burocratizzarsi secondo un formulario a stampa, divenendo delle perizie sommarie di stima. Oltre alla corrispondenza di rito, allegate ai fascicoli vi sono quasi sempre le piante dei piani e talvolta l’intero progetto dell’edificio. In alcuni casi accompagnano le perizie ed i disegni tecnici delle brumose fotografie in bianco e nero.  

È possibile allora iniziare un piccolo e affascinante vagabondaggio per le strade di Roma – una Roma talvolta scomparsa  – come dei moderni flâneur digitali, seguendo i documenti dell’INA.

Prima tappa: porta Pinciana. Il primo grand hotel, iniziando via Veneto, sulla sinistra, è l’hotel Flora; costruzione di lusso realizzata all’inizio del Novecento in un’eccellente posizione e che ha «l’indiscutibile vantaggio del vasto e suggestivo orizzonte sulla pineta di Villa Borghese, orizzonte che nei piani superiori discopre e domina tutto il panorama di Roma». Nel 1926, mentre erano sul punto di iniziare i lavori di rialzamento dell’edificio su progetto e direzione dell’architetto Emilio Vogt, l’hotel viene stimato dall’INA, per la concessione di un mutuo, quasi 5 milioni di lire. Si propose il cambio di destinazione ma l’ipotesi venne scartata, ritenendo ormai affermato il carattere alberghiero di via Veneto.

Seconda tappa su viale Liegi: chi lo imbocca dalla Salaria per andare a piazza Ungheria, si trova sulla destra un isolato fra l’abbraccio delle vie Lovanio e Montevideo. Un tempo, dove sorgono ora quasi dieci palazzi, vi era Villa Teresa, realizzata dalla Società immobili via Po e circondata da un ampio parco, che allo studiarne sulla carta gli ambienti del pian terreno sembra la villa tipo dei gialli americani di Philo Vance. All’angolo estremo destro, all’incrocio fra viale Liegi e via Lovanio vi erano due piccoli edifici costruiti, sembra, nel 1924; il primo su due piani, con ingresso al civico 28, constava di un appartamento per il portiere e di cinque appartamentini «due dei quali privi di cucina e […] adibiti a “garçonnieres”». Il secondo edificio, dislocato solo sul piano tereno, con ingresso al civico 30, aveva la caratteristica di non avere nemmeno una finestra all’esterno: gli ambienti prendevano luce da un patio interno sistemato a giardino. Di essi non vi è più traccia.

Raggiungiamo, per la nostra terza tappa, la parte più nascosta dell’Esquilino, quella nel triangolo creato da viale Manzoni, via San Quintino e via di Santa Croce in Gerusalemme. Al civico 47 di viale Manzoni troviamo Villa Altieri, nobile complesso composto da due edifici e da un giardino pieno di statue e di verde, complesso di proprietà, al tempo, dalla contessa Teresa De Merode Villafranche. Il primo edificio ha un silenzioso affaccio interno, sul giardino, dal quale si ascende al primo piano tramite uno scalone a pianta ellittica; il secondo palazzo, anch’esso molto signorile, si affaccia su viale Mazoni, al civico 39 e venne completato nel 1930 e quindi suddiviso in piccoli appartamenti. Per concludere questa tappa, un’ultima nota topografica: negli anni venti vi aveva alloggio Boris re di Bulgaria.

Per la nostra quarta tappa ci spostiamo verso San Giovanni ed imbocchiamo l’Appia Nuova per 2 km e mezzo fino al Motovelodromo appio, il campo sportivo dell’Audace Club: «esso terreno trovasi [ora non esiste più] in aperta campagna, in quella campagna romana consacrata sino a qualche anno addietro alle gite domenicali. Le strade […] sono allo stato embrionale, essendone appena iniziata la sistemazione sul piano di campagna». Frustoli del campo sportivo vengono offerti a estinzione del mutuo contratto dall’Audace Club, qualche anno prima, con l’Istituto – consigliere delegato dell’Audace è il podestà di Formia, Felice Tonetti – ma l’operazione non ha seguito. Pur se «esuberanti», le informazioni che fornisce il redattore della perizia raccontano l’evoluzione, al tempo in fieri, della via Appia Nuova, questo «tentacolo che dovrà congiungere [ha ormai congiunto] Roma ai suoi Castelli».

Chiudiamo la nostra rassegna con la quinta e ultima tappa in periferia, sulla via Casilina, in località Torre Spaccata: oggi piena di edifici di ogni tipo ma al tempo – siamo sempre negli anni venti – una distesa di piccoli orti e case semirurali, come descrive un impiegato dell’INA nella sua richiesta di mutuo di quattro pagine dattiloscritte fitte fitte: un villino di cui, con parole quasi bucoliche, celebra l’orto già attivo, come un moderno vecchio di Corico: «il terreno annesso al villino è, come tutti gli altri viciniori della zona “Torre Spaccata”, per intiero recinto da serrato e spesso filo spinato […]; è fornito di ampia vasca per continua irrigazione ed è in ottime condizioni di fertilità ed oggi intensamente e razionalmente coltivato a frutteto (oltre 20 piante di frutta assortite), a vigneto (oltre 30 piante di viti), a ortaglie (oltre 200 piante di carciofi, fave, piselli, bieda, insalate varie, cipolle, agli, etc), a fragoleto, a fiori di varie specie. Il tutto già parte in fiore, parte in frutto».

Qui finisce questo nostro primo vagabondaggio per le strade dell’Urbe: la serie dei fascicoli peritali, infatti, è ancora in fase di inventariazione.