Bambini al mare a Venezia: l’ultima storia prima delle vacanze estive racconta della colonia marina dei figli dei dipendenti di Ca’ Corniani, tenuta agricola di Generali.
Nate agli inizi dell’Ottocento come case per i bambini disagiati, le colonie in Italia vennero via via istituite presso località balneari o montane per permettere agli assistiti beneficianti di svolgere attività ludiche e ricreative. A distanza di un secolo, più precisamente durante il Fascismo, le colonie conobbero la loro massima diffusione, sempre con lo scopo di offrire un aiuto alle famiglie meno agiate e coinvolgere bambini e ragazzi in attività sportive e di gioco. Dopo la seconda guerra mondiale, infine, alle colonie venne più diffusamente riconosciuto il loro potenziale formativo per la vita di un bambino.
Oltre agli enti pubblici, anche numerose aziende private istituirono colonie estive per i figli dei propri dipendenti. Fu il caso della colonia marina di Ca’ Corniani, azienda agricola di Generali a Caorle, in provincia di Venezia, oggi importante realtà imprenditoriale di Genagricola. La colonia venne istituita nel 1924 e da subito si rivelò un’efficace forma di assistenza, tanto che dall’istituzione fu rinnovata ogni estate fino al 1957, salvo la sospensione imposta dagli eventi bellici. Destinata ai figli dei lavoratori addetti alla bonifica di questo entroterra paludoso dell’alto Adriatico, fu voluta dai dirigenti della tenuta e trovò la sua ideale collocazione in un’area della spiaggia di Caorle.
Fino almeno alla metà degli anni trenta del secolo scorso fu intensamente frequentata: in un numero del Bollettino aziendale di quegli anni si legge che i bambini, principalmente figli di braccianti e mezzadri, erano ben centoquaranta: le famiglie dei lavoratori di Ca’ Corniani potevano mandare i loro bambini in colonia «per trarre forza e salute dalle inesauribili sorgenti del sole e del mare».
Le strutture d’accoglienza erano semplici, ma garantivano la possibilità di godere della natura giocando e facendo ginnastica, sotto la sorveglianza delle «vigilatrici».
Nei primi anni quaranta erano un discreto numero i bambini bisognosi delle cure balneari: più di sessanta, e potevano usufruire della struttura gratuitamente, in quanto figli di lavoratori richiamati alle armi. In quegli anni, la colonia marina era un’iniziativa sentita come patriottica in capo alla presidenza del dopolavoro aziendale della Direzione veneta, un ramo dell’OND (Opera nazionale dopolavoro).
In un articolo del Bollettino della seconda metà degli anni cinquanta si legge che le caratteristiche benefiche dell’aria, del sole e dei bagni, unitamente a una sana e abbondante alimentazione durante il periodo di soggiorno (dal 1° luglio al 15 agosto) avevano attratto ancora quarantasette bambini, di età compresa tra i due e i cinque anni. Sebbene anche Ca’ Corniani non abbia potuto sottrarsi allo spopolamento delle campagne che ebbe inizio nel nostro Paese proprio in quel periodo a seguito della comparsa di nuove forme occupazionali, le famiglie dell’azienda manifestarono fino a quell’epoca un grande apprezzamento dei «benefici igienici che derivavano ai loro bimbi» dal soggiorno in colonia.
A noi archivisti – la generazione dei (bis)nipoti di quei bambini – resta il ricordo di alcune foto del Bollettino, che hanno fissato la bellezza semplice di quel paesaggio tutt’oggi estremamente godibile e la modesta ma entusiastica genuinità delle vacanze al mare d’altri tempi.